domenica 31 luglio 2011

Nardò, s'infiamma la protesta migranti bloccano la provinciale

Parte dai campi del Salento la rivolta dai lavoratori stagionali. Per la prima volta un’assemblea autogestita contro lo sfruttamento dei caporali
di CHIARA SPAGNOLO

Parte dai campi alle porte di Nardò la rivolta dai lavoratori stagionali. Dal Salento, già al centro del caso Tecnova e dello sfruttamento dei nuovi schiavi nei parchi fotovoltaici. Alzano la testa gli uomini fino a ieri piegati sui filari delle angurie e dei pomodori e iniziano a parlare di diritti. Chiedono paghe adeguate al lavoro, contratti regolari, assistenza sanitaria, condizioni di vita dignitose. E trasformano un sabato qualunque in una lunga giornata di protesta. Una giornata che si conclude con una grande assemblea autogestita in masseria, ma che comincia all’alba con il solito viaggio in pulmino verso i campi dei pomodori, dove i “padroni” chiedono di selezionare il prodotto in base alla grandezza, lavoro più complicato del solito ma retribuito con la stessa miseria: 3 euro e 50 a cassone.

Gli immigrati non ci stanno, la rabbia cresce, gli idiomi africani si mischiano. A gruppi tornano a piedi alla masseria Boncuri, dove la maggior parte alloggia nel campo gestito dai volontari di Finis Terrae e delle Brigate di solidarietà attiva. In pochi minuti la manifestazione prende corpo, la strada provinciale per Nardò viene bloccata da una cinquantina di persone, la circolazione interrotta. Le forze dell’ordine, dopo mezz’ora, fanno sgomberare la strada, ma di tornare nei campi non se ne parla: i lavoratori si riuniscono a capannelli nella masseria, vogliono creare una delegazione e darle mandato di contrattare con i produttori, vogliono lavorare ma facendo valere i propri diritti. Sanno che esiste un contratto provinciale di lavoro non rispettato, che per raccogliere pomodori dovrebbero essere retribuiti 5,92 euro all’ora e 38,49 a giornata. Le paghe, invece, sono di gran lunga inferiori e una parte deve andare ai caporali, che pretendono le mazzette per far lavorare i connazionali. Sui campi sono loro a fare il bello e il cattivo tempo, a decidere chi impiegare e chi pagare, a insultare, minacciare, qualche volta a tirar fuori le armi.

La situazione denunciata è pesante, i controlli inesistenti. Gli ispettori del lavoro, in queste contrade, non si fanno vedere e i raccoglitori continuano ad essere sfruttati fino al midollo. I contratti sono pochi e comunque irregolari ma, a differenza degli anni passati, gli extracomunitari sanno che c’è un’alternativa. Capiscono che per superare lo sfruttamento bisogna denunciarlo e che per avere forza contrattuale bisogna essere tanti e uniti. «La mobilitazione spontanea è un passo avanti importante, che dimostra come nel campo ci sia stata una grande presa di coscienza — spiega Gianluca Nigro di Finis Terrae — resa possibile anche da una situazione logistica tranquilla e dignitosa. Ed anche la campagna “Ingaggiami” che abbiamo lanciato, sta dando i suoi frutti, come dimostra il fatto che circa 120 persone (le prime per le angurie e le ultime 40 per i pomodori) sono riuscite ad ottenere questa forma di contratto». Anche la Cgil sposa la mobilitazione e i suoi rappresentanti a fine giornata assistono all’assemblea, che va avanti fino a tardi. La fiamma della protesta, a Nardò, è innescata.

http://bari.repubblica.it/cronaca/2011/07/31/news/nard-19828058/

Salento, la rivolta dei braccianti. Gli immigrati stagionali in sciopero

Centinaia di lavoratori incrociano le braccia per chiedere acqua calda, paghe decenti e il rispetto dei loro diritti. E' la prima protesta auto-organizzata dei migranti, a rischio il raccolto di pomodori
di CHIARA SPAGNOLO

È una domenica di campi vuoti quella che trascorre tra i filari di pomodori del Salento. Ultimo scorcio di luglio, in cui centinaia di immigrati, impiegati come raccoglitori, proclamano lo sciopero e si rifiutano persino di salire sui trabiccoli che all'alba dovrebbero condurli al lavoro. È il giorno dopo l'assemblea autogestita alla masseria Boncuri, funestato dalla morte improvvisa di un tunisino di 34 anni, e diverso dai precedenti per la calma surreale che regna nelle campagne. Lì dove il sole arroventa le piante e migliaia di tonnellate di prodotto rischiano di marcire se non vengono raccolte in tempo. Il danno economico derivante dallo sciopero potrebbe essere enorme, perché gli italiani da anni non fanno questo genere di lavoro, gli extracomunitari lo capiscono e, forti di questa certezza, cercano una trattativa con la parte datoriale. L'assemblea di sabato sera, in questo senso, è stata illuminante.

LEGGI S'infiamma la protesta, migranti bloccano la provinciale

Vi hanno partecipato i sindacalisti della Cgil e i volontari che gestiscono la masseria Boncuri, "Finis Terrae" e le "Brigate di solidarietà attiva", ma i veri protagonisti sono stati i lavoratori. Tra le mura secentesche della struttura trasformata in campo d'accoglienza, si sono mischiate lingue e idee, confrontate esigenze e posizioni molto diverse e, alla fine, è stato stilato un documento che in quattro punti riassume la piattaforma delle rivendicazioni. L'obiettivo dichiarato è il rispetto del contratto provinciale di lavoro per l'agricoltura, che prevede un tariffario preciso per la raccolta di pomodori: 5,92 euro a ora e 38,49 a giornata (6 ore e 30). La realtà, invece, parla di cifre molto diverse: 3,50 euro a cassone, praticamente la metà del previsto.

FOTO NELLA MASSERIA DEGLI IMMIGRATI

Alla paga già ridotta si deve poi sottrarre la mazzetta da versare al caporale per entrare a far parte dei gruppi che quotidianamente vanno sui campi (da 3 a 5 euro) e il prezzo da pagare per essere portati sui luoghi di lavoro (3 euro). Alla miseria retributiva si aggiunge il fatto che gli "ingaggi" legali sono pochissimi (circa 120 contando anche le persone già impiegate nella raccolta delle angurie), che la maggior parte del lavoro viene svolto in nero, che l'assistenza sanitaria è inesistente e i contributi previdenziali pure. La situazione è esplosiva e connotata da profili di evidente illegalità. Questioni su cui la Cgil punta il dito, tramite la segretaria confederale Antonella Cazzato, che stigmatizza "la scarsità dei controlli sui campi" insieme "alla poca disponibilità da parte delle istituzioni e all'evidente disinteresse della politica" rispetto alla questione Nardò. Senza dimenticare una frecciatina all'Asl, "che dovrebbe spiegare come mai non è stato rispettato l'impegno preso a giugno di dotare la masseria Boncuri di acqua calda", e una ai datori di lavoro "che non hanno contatto con i raccoglitori e affidano ai caporali la completa gestione degli ingaggi".

Proprio i produttori, del resto, dovrebbero essere i primi interlocutori dei lavoratori, i quali hanno ben chiare le rivendicazioni da fare e i diritti da far rispettare. "In una situazione in cui le irregolarità sono così evidenti - aggiunge la Cazzato - le testimonianze e le denunce non bastano. Il sindacato può svolgere la funzione di raccordo, tra i lavoratori, le aziende e gli altri soggetti istituzionali. Per questo abbiamo già chiesto la convocazione del Consiglio territoriale per l'immigrazione, affinché ogni soggetto che ha responsabilità spieghi perché gli impegni assunti non sono stati rispettati". Di impegni, del resto, a inizio stagione ne erano stati presi tanti, amplificati dalle campagne mediatiche e puntualmente disattesi nelle settimane a venire. Quel che accade a metà estate nei campi lo dimostra chiaramente. E il fatto che gli immigrati, che fino a ieri erano disposti a tutto pur di guadagnare pochi euro, scelgano di incrociare le braccia è ancora più significativo. Vuol dire che lo sfruttamento è arrivato al limite massimo. Che le regole esistono solo a parole e che i diritti, quando i lavoratori sono stranieri, non valgono.

Almeno non nei campi di Nardò e dei paesi limitrofi. Lì dove il sole matura i pomodori e in questa domenica di fine luglio nessuno li raccoglie. Dove per la prima volta la parola sciopero rimbalza tra i filari, fino alla masseria Boncuri dove i raccoglitori trascorrono la giornata in attesa che qualcosa si muova. Hanno molto da dirsi ma lo fanno a bassa voce, in segno di rispetto per il "fratello" morto nella notte. A trovarlo, all'alba, sono stati i connazionali con cui divideva la tenda e che hanno dichiarato alla polizia di non essersi accorti di nulla e di non aver ricevuto alcuna richiesta di aiuto. Come è stato riscontrato dal medico legale, il giovane tunisino è morto per cause naturali e il suo corpo è stato trasportato all'ospedale di Vito Fazzi di Lecce, a disposizione dell'autorità giudiziaria, che deciderà se sia necessario effettuare l'esame autoptico.

http://bari.repubblica.it/cronaca/2011/07/31/news/nard-19847161/

NARDO': SCIOPERO DEI BRACCIANTI CONTRO LAVORO NERO E SFRUTTAMENTO

31/07/2011 13:39 | LAVORO - PUGLIA

Nardò, 31 Luglio 2011



Ieri mattina nella campagna di Nardò è successo qualcosa di sorprendente. Quaranta lavoratori migranti stavano raccogliendo pomodori per 4 euro a cassone, un'ora circa di lavoro. Quando il caporale chiede loro di svolgere un'ulteriore mansione, esigono un adeguato aumento di compenso. Ovviamente non lo ottengono, e fin qui niente di inedito. Ma a differenza delle altre, questa volta tutti e quaranta i lavoratori decidono di non prestarsi all'ennesimo sopruso e di propria spontanea iniziativa abbandonano il campo interrompendo la raccolta.



Da vent'anni in queste campagne si assiste ad uno strutturale e diffuso fenomeno di sfruttamento di centinaia di stagionali migranti. Le condizioni di indigenza e la drammatica precarietà in cui vivono li spingono a sperare, ogni mattina, di essere reclutati dai caporali per paghe da miseria. La quantità di forza lavoro disponibile eccede di gran lunga la reale necessità di impiego, producendo un effetto di livellamento verso il basso dei compensi e della qualità delle condizioni lavorative. In altri termini, per ogni migrante che rifiuta di lavorare per pochi euro l'ora, ce ne sono altri dieci pronti ad implorare di essere reclutati pur di guadagnare almeno i soldi per mangiare.



Ma ieri mattina i migranti della Masseria Boncuri hanno fatto fronte comune incrociando le braccia in un'unica protesta. Per la prima volta li abbiamo visti radunarsi in assemblea e definire i punti salienti delle proprie rivendicazioni. Li abbiamo guardati con compiaciuto stupore mentre nominavano tra loro un rappresentante per ogni comunità: sudanesi, francofoni, nord-africani sono riusciti a superare le differenze di etnia e condizione lavorativa stabilendo una piattaforma comune di richieste e contestazioni. Denunciano lo sfruttamento del lavoro nero e il sistema dei finti ingaggi che consente ai caporali di far lavorare più migranti irregolari sotto un unico ingaggio falso. Pretendono il rispetto dei compensi definiti dal contratto provinciale, stabilendo un minimo sindacale di 6 o 10 euro a cassone a seconda della varietà di pomodoro. Chiedono alle autorità competenti di effettuare in modo sistematico i controlli nei campi ed esigono un impegno reale per l'avvio di meccanismi di incontro tra domanda e offerta in grado di eliminare l'intermediazione del caporalato tra imprenditore e operai. Rivendicano diritti, finalmente consapevoli del ricatto cui ogni giorno si sottopongono e decisi a scioperare finché non vedranno segnali concreti di un'inversione di rotta.



La protesta iniziata ieri è stata completamente spontanea e autogestita. Oggi buona parte dei lavoratori sono rimasti presso la Masseria rifiutandosi di andare a lavorare. La campagna “Ingaggiami contro il lavoro nero” già dall'anno scorso prevede pratiche, oltre che di assistenza e accesso ai servizi, di sensibilizzazione e informazione dei lavoratori rispetto al fenomeno del lavoro sommerso e alle normative contrattuali vigenti in agricoltura, che speravamo potessero fornire gli strumenti necessari per una presa di coscienza collettiva dei migranti in quanto specifica categoria lavorativa sfruttata. Oggi possiamo dire che dalla consapevolezza dei diritti esigibili possono nascere principi di autorganizzazione che, se tutelati da una presenza concreta e di supporto, trovano il terreno favorevole per permettere ai braccianti di ribellarsi alle condizioni di schiavitù su cui si erge gran parte del sistema agricolo italiano. Auspichiamo che le rivendicazioni emerse fino ad ora siano l'inizio di un processo di emancipazione che a partire dal basso venga riconosciuto dalle istituzioni competenti. Dal campo di accoglienza per braccianti di Nardò è nata un'esperienza che ha prodotto risultati concreti in termini di emersione del lavoro nero che crediamo possa essere un valido modello replicabile anche altrove.



Brigate di Solidarietà Attiva

http://www.controlacrisi.org/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=16576&catid=36&Itemid=68&utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+controlacrisi+%28ControLaCrisi.org%29