Tg regionale veneto, edizione delle 13.30: un imponente corteo di operai ha invaso l'asfalto rovente della Treviso-Mare, creando una lunga fila di camion e auto, e ai conducenti vengono distribuiti colorate bottiglie di bevanda energetica e un volantino che spiega i motivi della protesta: «Ci vogliono chiudere la fabbrica». Si trattava degli operai dello stabilimento Gatorade di Silea (Tv), su cui in quell'agosto 2010 giravano voci di chiusura entro la fine dell'anno. Ciò avrebbe comportato il licenziamento degli 80 dipendenti e dei 70 stagionali e precari, con imponenti ricadute sul tessuto sociale locale ma, soprattutto, sulle vite di quei lavoratori che, scoprimmo in seguito, con quel blocco della tangenziale raggiungevano il punto più avanzato della lotta contro la dismissione della loro fabbrica.
Mezz'ora dopo quella notizia, in 3 eravamo fuori i cancelli della Gatorade, 19 anni di media, senza sapere minimamente cosa volevamo fare, ma con la spontanea determinazione di prender parte a quel fatto che per noi, giovani militanti cresciuti nel benestante e "verde" Nord-Est, era assolutamente promettente. Iniziò così la nostra inchiesta in Gatorade, anche se capimmo solo a posteriori che ciò che avevamo fatto poteva essere catalogato così.
Il nostro primo contatto avvenne con la portinaia - «dipendente di una cooperativa», ci dice, sorpresa dalla domanda di quei 3 fittizi giornalisti circa il suo impiego. Dopo aver sogghignato al nostro presentarci come inviati di un inesistente giornalino locale, fece uscire una giovane Rsu. Anche lei rimase perplessa dalla situazione, ma senza tante precisazioni rispose con foga alle nostre domande perché «per noi la visibilità è essenziale, tanta gente deve sapere di noi». Sapemmo così che scioperi a singhiozzo duravano già da due settimane, per spingere la direzione ad incontrare le Rsu e a chiarire se le voci della chiusura erano fondate o no. Poco dopo ci raggiunsero altri 3 operai: M., già cassaintegrato in un'altra azienda; S., che parlò di lotte per il posto fisso; e M., stagionale a 50 anni.
Da quel primo incontro ci portammo a casa la convinzione dell'essersi calati nella materialità del lavoro, di aver iniziato qualcosa di importante, di essersi finalmente messi sulla strada della conoscenza diretta ed autogestita di quella "classe operaia" che fino ad allora avevamo solo sentito nominare.
Il secondo incontro con S., la giovane Rsu, avvenne in circostanze totalmente mutate: durante il tavolo che la direzione aveva concesso loro, gli operai avevano appreso che le voci della chiusura erano fondate. L'atmosfera era ora rassegnata, ma la rabbia di trovarsi a casa nonostante un 2010 di fatturati record li portò a sfogarsi, per «lasciare almeno una testimonianza di ciò che è successo, anche se tra 6 mesi siamo tutti a casa».
E fu infatti il terzo incontro, a poche settimane dalla chiusura della fabbrica, quello più proficuo ai fini dell'"inchiesta". Grazie a qualche lettura illuminante, le nostre domande furono più puntuali e indagarono il sistema produttivo, gli inquadramenti contrattuali, le strategie della multinazionale, le rivendicazioni sindacali, la "coscienza" dei lavoratori; e fu in quest'ambito che ricavammo le considerazioni più interessanti. Primo, l'orgoglio che quegli agguerriti cinquantenni operai specializzati nutrivano per il "loro" prodotto («Qui facciamo tutto noi, dal tappo al prodotto, ci vogliono anni per imparare a fare questo gioiello») e per la loro professionalità («Il nostro stabilimento è il migliore d'Europa, da qui partono le maestranze che insegnano negli altri stabilimenti come si fa quello che sperimentiamo qui dentro»); ma il piano industriale prediligeva la quantità alla qualità, e l'alta specializzazione dei lavoratori di Silea figurava evidentemente come onere da scaricare. Secondo, l'impossibilità di raggiungere i precari: fuggirono ogni tentativo di colloquio, anche se di lì a pochi giorni di loro non sarebbe rimasta traccia.
Per la cronaca, dal 31 dicembre lo stabilimento Gatorade di Silea è chiuso, ci sono 80 cassintegrati in più e altri 70 precari erranti nel mercato del lavoro. Ma l'esperienza in Gatorade ha significato per noi, 19 anni di media e nessuna esperienza di sindacalismo o vertenze, il rendersi conto del "da che parte ricominciare" per fare militanza sul campo, d'ora in poi utilizzando gli strumenti che compagni esperti ci stanno fornendo per sistematizzare il nostro lavoro e capirci di più di operai, crisi e fabbriche: magari queste competenze in futuro ci saranno ben più utili di tante riunioni tra compagni attorno a un tavolo.
Fabio Di Lisi, Ylenia Pavan, Jacopo Gerini e Martina Pasqualetto, FdS Preganziol (Tv)
Liberazione 24/02/2011, pag 14