mercoledì 13 ottobre 2010

Castel Volturno sfida i caporali

Il primo sciopero in Italia dei lavoratori alla giornata. Oggi il corteo
"Almeno 50 euro". Migranti in piazza contro i caporali

Laura Eduati
Castel Volturno - nostra inviata
Lo sciopero degli schiavi comincia quando il mattino è ancora nero e Castel Volturno dorme. Grappoli di lavoratori africani escono dalle case lungo la via Domiziana, salgono infreddoliti sugli autobus e raggiungono come sempre le kalifoo round, le rotonde dei caporali, il mercato delle braccia che ogni giorno all'alba popola le strade del casertano e dell'hinterland napoletano. Ieri è stato diverso. Per la prima volta hanno deciso di ribellarsi alle paghe da fame, venti-trenta euro al giorno per dodici ore di fatica nei cantieri o nelle campagne, e mettono al collo un cartello: "Oggi non lavoro per meno di cinquanta euro", ripetuto in inglese e francese. Sanno di sfidare i caporali, ma non hanno paura. All'incrocio di Licola, sulla strada che porta a Pozzuoli, sono un'ottantina ed esibiscono orgogliosi il cartello agli automobilisti.
Un caporale sopraggiunge a bordo di un Suv, rallenta e abbassa il finestrino. Poi si dilegua, contrariato. Probabilmente ricorrerà ai migranti dell'Est, polacchi, rumeni e ucraini, che vivono silenziosamente nel Casertano e questa mattina stanno alla larga dalle rotonde, e che però chiedono paghe maggiorate. «Succede spesso che per lo stesso lavoro a noi africani danno venti euro mentre ai rumeni ne danno anche sessanta», racconta Appiah, ghanese: «La differenza è che noi non abbiamo un permesso di soggiorno e non possiamo denunciare, sennò finiamo per essere espulsi».
In realtà allo sciopero contro i caporali partecipano africani regolari e irregolari, uniti dalla stessa rivendicazione: un salario migliore. Brononiba, 24 anni, arriva a Licola con la bici e la tenuta da ciclista: «Spero davvero che questo sciopero serva, ma noi abbiamo bisogno prima di tutto dei documenti. Io li ho chiesti al mio padrone ma lui non vuole pagare le tasse e preferisce pagarmi poco».
L'iniziativa, promossa dal movimento dei migranti e dei rifugiati di Caserta e sostenuto dalla rete antirazzista, è andata ben oltre le aspettative: lo sciopero si è esteso in molte rotonde della zona, da Casal di Principe a Villa Literno, Villaricca, Pianura, Afragola, Scampia, Marano di Napoli. Simbolica la scelta di incrociare le braccia sulla rotonda di Baia Verde a Castel Volturno, a pochi passi dove due anni orsono morì Miriam Makeeba e dove oggi sorge una stele che ricorda Mama Africa.
Ad ogni kalifoo round - i kalifoo sono gli schiavi a giornata - si ripetono la stessa scena e la stessa contentezza dei braccianti che per la prima volta in Italia trovano il coraggio di manifestare contro le durissime condizioni di lavoro: «Lo sciopero di oggi dice a tutti che il lavoro immigrato in Campania non è solo quello di colf e badanti e chiede una presa di posizione decisa di tutti gli attori sociali e politici veramente democratici» scrive in un comunicato il movimento dei migranti e dei rifugiati al termine dello sciopero, rivendicando il permesso di soggiorno per coloro che ne sono sprovvisti eppure evidentemente servono al mercato del lavoro locale, e l'estensione dell'art. 18 ovvero la protezione sociale per chi denuncia gli schiavisti.
Ad Afragola un centinaio di lavoratori in nero si raduna nel piazzale davanti alla pescheria. Qualche anziano si ferma e chiede i motivi della mobilitazione. Tra gli organizzatori, con pettorina fosforescente e un cartoncino con la scritta a mano "staff", c'è anche John, uno dei protagonisti di "Il sangue verde", documentario sulla rivolta di Rosarno girato da Andrea Segre e presentato all'ultimo Festival del cinema di Venezia. E John, che fino a qualche mese fa viveva in una casupola di cartone nella ex cartiera di San Ferdinando, vicino a Rosarno, ricorda quei passi sul tappeto rosso accanto al regista. Tutto è durato lo spazio di un giorno, un giorno soltanto prima di tornare ad Afragola e continuare la vita di sempre: sveglia all'alba e poi la rotonda, in attesa che qualcuno lo scelga per lavorare. «Può succedere che non lavoriamo per molti giorni di seguito, stiamo qui fino alle dieci e poi ce ne torniamo a casa colmi di preoccupazione».
Alla vigilia dello sciopero gli organizzatori non avevano nascosto una certa inquietudine e non soltanto per le possibili rappresaglie dei padroncini e dei camorristi. A Castel Volturno il clima è teso. O almeno, lo era fino all'incontro di ieri pomeriggio voluto dal sindaco Antonio Scalzone (Pdl) che il mese scorso aveva rifiutato di porre un monumento in memoria dei sei africani uccisi dalla camorra il 18 settembre 2008 e aveva anzi invocato l'aiuto di Maroni affinché da Castel Volturno, come da Rosarno, venissero cacciati gli illegali che costituiscono il 60-70% dei circa 7mila migranti presenti in città. Invece del ministro, in paese era giunto Roberto Fiore, segretario di Forza Nuova, accolto in sala consiliare dove aveva promesso l'apertura di una sede del partito e la formazione di comitati popolari anti-immigrati. Ieri, a sorpresa, Scalzone ha ricevuto in Municipio i rappresentanti del movimento antirazzista casertano (Comboniani missionari, centro sociale ex-Canapificio di Caserta, Caritas, associazione Jerry Masslo, associazione Black and White, padri sacramentini e movimento dei migranti e dei rifugiati) con l'intenzione di aprire un tavolo comune per risolvere le questioni legate all'immigrazione.
Per il primo cittadino di Castel Volturno il numero di migranti è sproporzionato alle dimensioni della città, che conta ventimila abitanti, e occorre assolutamente ripristinare "la legalità". Parola che suona certamente bizzarra in un territorio devastato dall'inquinamento e dalla camorra prima ancora che dai traffici di droga e dallo sfruttamento della prostituzione che vedono implicati anche alcuni stranieri, come la mafia nigeriana. Bizzarra soprattutto alle orecchie degli stessi lavoratori migranti che chiedono per primi di uscire dal limbo della clandestinità.
Ma è proprio sulla lotta ai migranti senza documenti che Scalzone ha vinto le elezioni lo scorso marzo, scaricando sugli africani - i migranti dell'Est e la comunità cinese rimangono comunque esclusi dal discorso politico - il peso dei drammi di Castel Volturno. «Le mie parole sono state strumentalizzate, dobbiamo lasciare fuori la politica», ha spiegato Scalzone. La rete antirazzista accoglie di buon grado la mossa distensiva, giunta proprio alla vigilia della manifestazione convocata per questa mattina a Caserta con le medesime rivendicazioni dello sciopero delle rotonde: diritti per i migranti. In origine il corteo doveva svolgersi a Castel Volturno, poi gli organizzatori avevano deciso di non alimentare la tensione creata dallo scontro con il sindaco, al quale la Questura aveva bocciato una mobilitazione in favore della legalità così come aveva negato l'autorizzazione negli stessi giorni ad un corteo di Forza Nuova.
Alla manifestazione di oggi, come allo sciopero delle kalifoo round, non aderisce la Cgil. Jean Bilongo, che un tempo era considerato uno dei leader del movimento migranti e rifugiati di Castel Volturno e che oggi collabora con il sindacato, spiega che «è sbagliato creare una contrapposizione tra immigrati e istituzioni» e che «è necessario creare un dialogo».

Liberazione 09/10/2010, pag 1 e 4

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