lunedì 4 ottobre 2010

Marcegaglia dice sì a Marchionne così la Fiat resterà in Confindustria

L'ad del Lingotto ha posto un ultimatum preciso: "Le nuove regole entro due mesi"

di ROBERTO MANIA
ROMA - Sono Emma Marcegaglia e Sergio Marchionne ad aver imposto la linea dello scontro alla Federmeccanica. È il compromesso tra il leader degli industriali e il capo della Fiat siglato a Roma il 28 luglio che ha portato alla decisione clamorosa di ieri: il "recesso" dal contratto nazionale dei metalmeccanici. Non da quello che si applica effettivamente nelle grandi blasonate multinazionali come nelle piccole officine del nord-est e del Mezzogiorno italiano, bensì da quello che solo la Fiom-Cgil considera ancora in vigore e che è anche l'ultimo contratto nazionale sottoscritto, nel 2008, da tutti i sindacati. Allora c'era il vicentino Massimo Calearo alla guida della Federmeccanica e soprattutto c'era Luca Cordero di Montezemolo al vertice di Viale dell'Astronomia. Un'altra epoca per le relazioni industriali, quella della rappacificazione dopo l'ondata di accordi separati, frutto del Patto per l'Italia del 2002 con la regia del governo Berlusconi II.

Poi, però, è venuta la riforma del modello contrattuale senza la firma della Cgil, la grande crisi che ha sconvolto il globo, e pure il caso-Pomigliano. Perché da lì, dal mancato plebiscito dei riottosi operai campani, sotto la spinta del no della Fiom, alla nuova organizzazione del lavoro nello stabilimento Fiat che dovrà produrre a ritmi polacchi la Panda, che nasce tutto. E che porta al patto estivo in extremis Marcegaglia-Marchionne. Un compromesso per salvare la Confindustria, proprio nell'anno del suo centenario, ma non il contratto nazionale e forse nemmeno la pace sociale. Anzi.

Sergio Marchionne era pronto a far uscire la Fiat dalla Confindustria quando si è accorto che al Giambattista Vico di Pomigliano d'Arco avrebbe avuto non pochi problemi ad applicare le nuove regole. Non tanto i 18 turni di lavoro, con meno pause e ritmi accelerati; quanto le 80 ore di straordinario comandato aggiuntive alle 40 già previste, il mancato pagamento dei primi tre giorni di malattia in coincidenza di un assenteismo anomalo, le sanzioni per chi non rispetta i patti. Insomma le materie che secondo la Fiom, ma non solo, incrociano le tutele previste dalle leggi e, forse, anche dalla stessa Costituzione, a cominciare dall'esercizio del diritto di sciopero, e che derogano - appunto - le norme fissate nel contratto del 2008. D'altra parte la Fiom l'aveva detto: passeremo alle vie legali. Una guerra giudiziaria lunga, sfibrante, dagli esiti assolutamente incerti. Basti vedere cosa sta accadendo a Melfi dopo il licenziamento dei tre delegati della Fiom. Una battaglia incompatibile con la cultura manageriale di Marchionne abituato a decidere in tempi rapidi per risolvere i problemi, allergico alla decantazione dei problemi.

Due mosse servivano per uscire dall'impasse a meno di lasciare ai polacchi di Tichy la produzione della Nuova Panda e tradire così l'accordo firmato con Raffaele Bonanni (Cisl) e Luigi Angeletti (Uil). Da una parte, dunque, la costituzione a Pomigliano d'Arco di una new company (cosa che è poi accaduta con Fabbrica Italia Pomigliano) e l'uscita dalla Federmeccanica per applicare non più il contratto nazionale bensì l'accordo per Pomigliano. Uno strappo, ma anche uno schiaffo alla Confindustria. Perché la tentazione di Marchionne di fare da sé, di cancellare le antiche liturgie dei grandi tavoli sindacali, avrebbe fatto senz'altro la Confindustria come prima vittima, non più uno strumento per tutelare meglio gli interessi delle imprese, bensì, più o meno, un ostacolo nella realizzazione dei piani aziendali. Ma una Confindustria senza la Fiat sarebbe stata un'altra cosa. Una piccola Confindustria.

Di fronte all'allarme di Viale dell'Astronomia, Marchionne ha chiesto una soluzione alternativa, purché rapida. Dalla Confindustria è arrivata la proposta: cambiamo le regole del gioco attraverso le deroghe previste dal contratto separato del 2009. Un pezzo del "modello tedesco" - perché anche lì ci sono le clausole d'uscita dal contratto - che però rischia di portare al conflitto anziché alla partecipazione. Marchionne ha accettato ponendo un ultimatum: "Tutto entro due mesi". La Marcegaglia ha salvato la sua Confindustria. E la Fiom si prepara alla sua lotta vecchio stile.
(08 settembre 2010)

http://www.repubblica.it/economia/2010/09/08/news/restroscena_fiat_confindustria-6851668/

Nessun commento:

Posta un commento