giovedì 7 ottobre 2010

Centomila in corteo, ma Bruxelles li ignora: via libera al nuovo patto

Più rigore sui conti e sanzioni per i paesi inadempienti. Ferrero: «Un vero suicidio»

Roberto Farneti
Stretta sui debiti pubblici più elevati e rafforzamento delle sanzioni per i Paesi non virtuosi sul fronte delle finanze pubbliche e della competitività. La Commissione Ue fa spallucce di fronte al grido di protesta degli oltre centomila tra lavoratori, disoccupati e pensionati giunti ieri a Bruxelles da tutta Europa e decide di proseguire sulla strada del rigore. Quella stessa strada che ha permesso alla crisi economica di agire più o meno indisturbata e di scaricare i suoi nefasti effetti sui ceti popolari, innescando le forti tensioni sociali che stanno attraversando il continente, con ondate di scioperi in molti paesi, come quello generale che ieri ha bloccato la Spagna.
Addirittura rovente la situazione in Grecia, dove non si placano le proteste contro il rigido "austerity" ordinato sì dal governo socialista di George Papandreou ma, di fatto, imposto dall'Unione Europea e dal Fondo Monetario internazionale in cambio di quel megaprestito di 110 miliardi di euro che ha per ora evitato al paese la bancarotta. Ad Atene si sono fermati autobus, filobus e tram, mentre in tutta la Grecia hanno incrociato le braccia i ferrovieri, paralizzando il traffico su rotaia. In sciopero anche i medici degli ospedali pubblici, che hanno rifiutato di curare i pazienti per 24 ore, mentre prosegue il blocco degli autotrasportatori, in atto da due settimane, contro il piano di liberalizzazione previsto dal governo.
Di fronte a tutto questo, la Confederazione europea dei sindacati, giustamente, scuote la testa. Non solo le misure di austerità «sono ingiuste, poiché la crisi ha indebolito milioni di persone che ora saranno costrette a stringere ulteriormente la proporia cinta» ma sortiranno, sottolinea la Ces, anche «l'effetto opposto a quanto auspicato» in quanto «il potere d'acquisto diminuirà e le prospettive di ripresa si allontaneranno». Una analisi e una proposta sintetizzati nello slogan «No all'austerità, priorità per il lavoro e la crescita», alla base dell'"action day" di ieri. Numerosa anche la rappresentanza italiana giunta a Bruxelles, malgrado lo sciopero dei controllori di volo abbia fatto annullare i charter previsti da Roma, Pisa, Torino e Milano. Tutti lavoratori "targati" Cgil, dal momento che Cisl e Uil hanno incomprensibilmente deciso di non aderire.
Il fantasma di una ripresa senza lavoro, costruita sulla pelle dei più deboli, non sembra però turbare più di tanto i sonni della Commissione Ue. Anzi. Secondo il presidente Josè Barroso il pacchetto di proposte legislative approvato ieri, che di fatto riscrive il Patto europeo di stabilità e di crescita, «va soprattutto nell'interesse dei lavoratori e dei segmenti più deboli della società», in quanto «deficit e debito sono antisociali» perchè impediscono spese nei settori chiave come educazione, ricerca, salute e assistenza sociale.
In quest'ottica vanno visti sia il più stretto monitoraggio sui debiti pubblici, che non potranno superare il 60% e «saranno trattati alla stessa stregua dei deficit ai fini dell'apertura di procedure di infrazione», sia il giro di vite sulle sanzioni per i Paesi inadempienti, che saranno «semi-automatiche» (ciòe potranno essere bocciate solo da una maggioranza qualificata del Consiglio Ue) e introdotte anche in fase preventiva. Ci sarà infatti l'obbligo di costituire un deposito fruttifero in cui versare lo 0,2% del Pil per i Paesi che «deviano da una politica di bilancio prudente». Deposito che diventerà «non fruttifero» se lo Stato entra in procedura di deficit eccessivo, e che si trasformerà in «ammenda» in caso di mancata correzione del disavanzo.
Una proposta «assurda», ribatte Paolo Ferrero, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea, che chiede al governo italiano di esercitare il proprio diritto di veto per bloccarla. «La modifica del patto di stabilità europeo varata dalla Commissione Ue - spiega Ferrero - è semplicemente disastrosa. Determinerebbe, se accettata, un taglio della spesa pubblica di enormi dimensioni e un conseguente aggravarsi della crisi economica. In particolare l'Italia, come gli altri paesi con un grande debito, verrebbe massacrata da questa proposta, obbligata per vent'anni a produrre avanzi di bilancio primario dell'ordine di 60 miliardi di euro. Un vero suicidio».

Liberazione 30/09/2010, pag 4

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