giovedì 7 ottobre 2010

Fiat, Pomigliano «per tutti e anche oltre»

Ieri a Roma l'incontro con i sindacati. Fiom: «Pomigliano non è un riferimento»

Fabio Sebastiani
Vere e proprie "uova terroriste" in caduta libera ieri mattina contro muri dello stabilimento Fiat-Cnh di Jesi. Ad armare il lancio non solo le tute blu, in sciopero contro l'accordo separato firmato da Fim, Uilm e Ugl, ma anche gli studenti, in lotta contro il "capolavoro" della Gelmini.
Un vecchio binomio, quello di "operai-e-studenti" che, c'è da scommettere, questa volta ha ben poco di nostalgico e punta dritto alla manifestazione del 16 ottobre. Grande e bella manifestazione - ha commentato a caldo Giuseppe Ciarrocchi, segretario generale della Fiom Cgil delle Marche - capace di unire le lotte anche al di fuori del mondo sindacale del lavoro e che ribadisce, da parte della Fiom, la difesa dei diritti e del lavoro come un bene comune, escluso dai ricatti».
Più o meno nelle stesse ore, a Roma, c'è stato l'incontro sull'estensione dell'accordo di Pomigliano a tutti gli altri siti produttivi. La Fiat è sicura non solo di estendere l'esperienza della deregolamentazione anche a Mirafiori, Cassino e Melfi, ma «se necessario» può andare anche oltre il quadro di "Fabbrica Italia". E' questo che si sono sentiti dire i vertici dei quattro sindacati di categoria convocati a viale dell'Astronomia, sede storica di Confindustria. Per il Fismic di Roberto Di Maulo non ci sono problemi, anche perché, come ha ribadito lui stesso, «non ho mai detto che Pomigliano fosse da considerare un caso isolato»; per la Fim di Giuseppe Farina, «bisogna ora affrontare la discussione sulla flessibilità azienda per azienda e non è detto che ci sia l'automatica applicazione del modulo sottoscritto a Pomigliano»; per la Fiom, infine, «Pomigliano non è per niente un riferimento». «Siamo disponibili al confronto - aggiunge il segretario generale della Fiom Maurizio Landini, nel corso della breve conferenza stampa al termine del confronto con la Fiat - ma nell'ambito delle regole che già ci sono». La Fiom, che ha chiesto alle altre organizzazioni sindacali, ufficialmente, di aprire un confronto assembleare con i lavoratori di tutto il gruppo Fiat, non parteciperà agli incontri su Pomigliano.
L'idea della Fiat è quella di assicurarsi la cosiddetta «governabilità» di tutto il gruppo automobilistico. Per questo «ha ulteriormente ribadito che l'avvio del progetto è subordinato all'esistenza di condizioni preliminari che assicurino il quadro di certezze necessario per la sua realizzazione». Finché i sindacati non saranno in grado di assumersi un «impegno formale» il progetto non decollerà. Il 28 ottobre è previsto un altro incontro sindacale.
«La Proposta di Marchionne è un ricatto inaccettabile - attacca il segretario del Prc Paolo Ferrero - Secondo lui, oltre a quanto già imposto a Pomigliano, i lavoratori dovrebbero accettare anche una dispensa dal rispetto degli obblighi di legge per la Fiat; poi sarà Marchionne medesimo a decidere cosa fare secondo il proprio insindacabile e inappellabile giudizio. Una posizione inaccettabile per un'azienda che sta in piedi grazie ai soldi pubblici, ed è gravissimo che il governo stia a guardare». «La Lega poi è il massimo dell'incoerenza - conclude Ferrero - non vuole che le tasse del nord finiscano al Sud, ma poi è disponibilissima a regalare i soldi a Marchionne che vuole andare a produrre fuori dall'Italia».
Ad entrare in campo è anche il neoministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, che ha chiesto di vedere nei prossimi giorni i vertici della Fiat.
Intanto, ventotto europarlamentari italiani appartenenti ai gruppi del Ppe, dei Socialisti e Democratici e dell'Alde hanno sottoscritto un appello promosso dal vicepresidente vicario del Parlamento europeo, Gianni Pittella e indirizzato al ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, «affinchè il governo si adoperi per il reintegro dei tre operai nello stabilimento di Melfi della Fiat, licenziati a seguito di uno sciopero nel luglio scorso», chiedendo così di dare piena applicazione alla sentenza del tribunale di Melfi. Secondo gli europarlamentari, «l'intervento è necessario in considerazione del fatto che la Carta dei diritti dei fondamentali dell'Unione europea, vincolante per le istituzioni e per gli Stati membri, sancisce il diritto di ogni lavoratore ad essere tutelato contro ogni licenziamento ingiustificato, conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni nazionali, diritto sancito anche dalla legislazione italiana, in particolare dall'articolo 18 dello statuto dei lavoratori».

Liberazione 06/10/2010, pag 6

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