giovedì 7 ottobre 2010

Metalmeccanici, Marchionne: «Bene le deroghe, avanti così» Torna l'arbitrato preventivo

Critiche dalla Cgil: «Aprire la strada al dumping danneggia lavoratori e imprese»

Roberto Farneti
Avanti tutta con la progressiva demolizione del contratto nazionale di lavoro e la messa in discussione di diritti tutelati nel nostro paese da almeno quarant'anni. Il colpo finale - sempre che il governo non cada prima - arriverà con il passaggio dallo Statuto dei lavoratori allo Statuto dei lavori (diritti non più universali, ma diversi a seconda del mestiere che si fa). Nel frattempo il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi e Confindustria si sono già dati parecchio da fare su questo versante, potendo contare sulla complicità di Cisl e Uil. E così, dopo l'accordo sul nuovo modello contrattuale non siglato dalla Cgil, l'altro giorno è arrivato quello tra Federmeccanica, Fim e Uilm sulle deroghe al contratto nazionale dei metalmeccanici.
La nuova norma, che sarà inserita come articolo 4 bis, limita la possibilità di deroghe ai casi di «sviluppo economico ed occupazionale» o «per contenere gli effetti economici occupazionali derivanti da situazioni di crisi aziendale». Le intese saranno definite a livello aziendale e poi saranno validate a livello nazionale (con una sorta di silenzio assenso, ci sarà il via libera trascorsi 20 giorni dal ricevimento delle intese da parte del sindacato nazionale) ma non potranno riguardare né il salario (minimi tabellari, scatti d'anzianità e salario accessorio) né «diritti individuali derivanti da norme inderogabili di legge».
Modifiche salutate con soddisfazione dall'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne: «Bisogna andare avanti. Questo è il primo passo», ha commentato il manager parlando al Salone dell'Auto di Parigi. Marchionne aveva minacciato l'uscita della Fiat da Confindustria se non si fossero create le condizioni - anche normative - per applicare l'accordo per lo stabilimento di Pomigliano d'Arco, non siglato dalla Fiom. «Ora mi sento meglio - dichiara Marchionne - credo che ci sia una disponibilità da parte dei sindacati. La possibilità di uscire dal sistema confindustriale c'è ancora, ma è piuttosto remota. L'impegno è trovare una soluzione dentro il sistema». Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, allarga le braccia: «La crisi non ci lascia possibilità - è la difesa del sindacalista - o riusciamo a rientrare nel gioco e ne discutiamo, o una difesa aprioristica del contratto ci porterà o alla delocalizzazione e alla chiusura degli stabilimenti».
Una visione miope, ribatte la Cgil: «L'accordo sulle deroghe al contratto dei metalmeccanici - spiega a Liberazione Vincenzo Scudiere, segretario confederale - rappresenta l'ultima rottura nelle relazioni industriali che, sommata ad altre rotture, non ci porta a una soluzione reale dei problemi». Non solo facendo così «si mette in discussione il contratto collettivo nazionale di lavoro, ma l'istituto delle deroghe - osserva Scudiere - è un danno anche per le imprese perché crea sostanzialmente un "dumping", ossia la possibilità di costi del lavoro diversi tra aziende che competono sullo stesso territorio. Viene quindi meno un quadro di regole certe a tutela non solo del lavoro ma anche del mercato».
A dividere i sindacati è anche il giudizio sul famigerato ddl lavoro, l'unica legge finora rinviata alle Camere dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in questa legislatura. Sacconi preme perché il nuovo testo approvato l'altro giorno dal Senato ottenga in tempi brevi l'ok definitivo della Camera. E tuttavia la Cgil fa notare come i rilievi mossi da Napolitano siano stati incredibilmente ignorati, soprattutto per quanto riguarda l'arbitrato. E' stata infatti cassata la modifica più importante uscita dalla Camera, grazie a un emendamento presentato dal Pd, che lasciava la possibilità di ricorrere a questo strumento - più agile ma più pericoloso dal punto di vista del diritto, perché in un arbitrato di equità la decisione può essere presa anche in deroga a leggi e contratti nazionali - solo per le controversie di lavoro già insorte. Ora è ritornato l'obbligo per il lavoratore di decidere già all'indomani della conclusione del periodo di prova, quando cioè è ancora ricattabile, se ricorrere o meno all'arbitrato, mentre rimane esclusa la possibilità di rivolgersi all'arbitro per le controversie relative al licenziamento.
Per la Cisl va bene così, per la Cgil no. «Pensate alle condizioni in cui saranno messi i precari - argomenta Fulvio Fammoni - pensate ai migranti. A quante cose si sarà disponibili a derogare pur di avere un lavoro. L'altra norma grave è l'apprendistato a 15 anni, che interviene doppiamente sull'età dell'obbligo scolastico e sul lavoro minorile».

Liberazione 01/10/2010, pag 2

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