mercoledì 27 ottobre 2010

Non siamo bestie

Quando abbiamo visto che i "ragazzi delle rotonde", come li chiamiamo qui, sono arrivati con i cartelli con su scritto "non lavoriamo per meno di 50 euro" quasi non ci credevamo. E' stato in quel preciso istante che abbiamo pensato al sacrificio dei nostri fratelli africani, trucidati dalla camorra nel 2008 a Castelvolturno. Fratelli di sangue e di sudore, non spacciatori di droga, come li ha dipinti la stampa italiana.
Alle "Kalifoo ground" di Licola, Pianura, Quarto, Casal di Principe, Villa Literno, Baia Verde, Giugliano, Qualiano, Afragola, Arzano, Scampia, Caivano alla fine abbiamo contato più di mille persone. Sono tante se consideriamo che il numero di chi di fatto è senza permesso di soggiorno si aggira intorno alle 3.200 persone in un'area che va dal litorale domiziano alle porte di Napoli.
Abbiamo costretto i caporali ad andarsene via con i pulmini vuoti. Uno l'abbiamo riconosciuto e gli abbiamo sbattuto il cartello sul parabrezza. A Baia Verde il presidio dei ragazzi ghanesi e nigeriani si è tenuto proprio nella piazzetta dove due anni fa, al termine di un concerto per le vittime di Castelvolturno, morì Miriam Makeba, mamma Africa.
Questo sciopero è cominciato come un avventura e alla fine è stato un successo. Ne abbiamo discusso tanto tra di noi. Alcuni non erano d'accordo. Alla fine abbiamo dimostrato che i migranti riescono ad alzare la voce. E riescono a farlo insieme. Non stiamo parlando di rivolta, ma semplicemente di alzare la voce e far capire che siamo uniti. Se prima la nostra battaglia era esclusivamente legale e burocratica contro le assurdità di una legge che di fatto ci impedisce di metter piede in Italia legalmente, nella provincia di Caserta l'8 settembre scorso abbiamo lottato contro la gestione del mercato delle braccia.
Alle "Kalifoo ground" tutte le notti tra le tre e le quattro i ragazzi vengono selezionati dagli emissari della criminalità, proprio come gli animali da macello, per essere poi trascinati nei campi. Lavorano per anche dieci, quindici ore e il compenso, se così vogliamo dire, è tra i quindici e i venti euro. Se non fai il carico che decidono i capi, del tutto arbitrariamente, il giorno dopo rimani a casa.
L'idea di fare lo sciopero era forse una pazzia, perché la crisi economica si fa sentire per tutti. E i migranti pagano doppia la crisi, se non tripla. Il loro "compenso" si riduce a causa dell'aumento dei prezzi, della mancanza di lavoro, dell'arbitrio dei caporali. Eppure i ragazzi hanno preso coraggio e sono venuti. Qualche caporale, incuriosito, si è pure avvicinato. Gli abbiamo spiegato che non ci stiamo più ad essere trattati come bestie. Perché nessuno fa i controlli? I ragazzi non possono fare denunce perché molti di loro non hanno il permesso di soggiorno, condizione che in base a una legge assurda ti fa uguale ad un criminale. Ci sentiamo dentro una tenaglia che blocca qualsiasi nostra capacità di reazione.
La verità è che non ne possiamo più. Dopo esserci spaccati la schiena per più di mezza giornata andiamo a fare la nostra misera spesa al supermercato. E la busta di plastica col passare dei mesi si fa sempre più piccola. Continuare così è impossibile. Solo una generazione fa, i migranti riuscivano a mandare qualcosa a casa. Oggi non accade più. Si lavora per la sussistenza e basta. Paghiamo l'affitto almeno cinquecento euro. E poi, la luce e il gas. Chi ha la possibilità di avere un trattamento sanitario temporaneo deve pagare pure il ticket qui in Campania. Il dieci per cento del Pil dell'Italia viene dalle braccia dei migranti. Perché l'Italia ci ripaga con questa violenza? Non è certo un paese che si può vantare di sedere al tavolo del G8. Ottenere il permesso di soggiorno è un incubo ormai. Nella sanatoria per colf e badanti del 2009 diversi di noi sono incappati in una truffa. Presi dalla disperazione hanno dovuto pagare anche migliaia di euro per essere regolarizzati ma alcuni datori di lavoro hanno presentato più di quattro o cinque domande.
Le pratiche in qualche caso sono state bloccate perché la differenza di reddito dei datori di lavoro era di poche centinaia di euro rispetto a quanto consentito. Ma non c'è un modo per scartare prima queste domande? Una volta associata la pratica al nome di un migrante se viene annullata il migrante diventa un clandestino.
A Roma ci hanno promesso un tavolo per aprire il discorso, ma ci hanno fatto anche capire che alla fine la decisione è politica. Sono ben due le direttive europee che il governo italiano non ha alcuna intenzione di applicare arrivando fino al punto di trovare normale il pagamento delle sanzioni. Molti hanno pure detto che il reato di clandestinità è non costituzionale.
I centri di identificazione ed espulsione rappresentano spese inutili. Avere il permesso di soggiorno sarebbe normale se fosse tutto più trasparente. Dalle campagne, in mano alla camorra, ai Cie la filiera dello sfruttamento e dell'umiliazione è sempre la stessa. E' evidente che se le leggi producono schiavitù non sono certo adeguate.
Il risultato dello sciopero delle rotonde ha fatto sì che i ragazzi siano diventati più consapevoli. Oggi, lo slogan "non lavoro con meno di 50 euro" è sulla bocca di tutti. A poco a poco diventerà una pratica sindacale quotidiana. Oggi è una provocazione, ma è servita a sensibilizzare.
La vera battaglia inizierà domani, quando vedremo la loro reazione. Non c'è un percorso prestabilito, si tratta di costruirlo insieme giorno per giorno. Certo, abbiamo paura che i fatti di Rosarno e Castelvolturno non rimangono isolati, ma adesso siamo più consapevoli. Grazie ai ragazzi dell'ex Canapificio ora sappiamo quali sono i nostri diritti. Quelli vogliamo, e non favori. Diritto vuol dire dignità, ciò che per troppo tempo ci è stata negata.
(Testimonianze di Said e Mamadou raccolte da Fabio Sebastiani)

Liberazione 21/10/2010, pag 13

Nessun commento:

Posta un commento