mercoledì 10 novembre 2010

Fiat, la Newco a Pomigliano spaventa i lavoratori

Accordo separato sulla cassa in deroga. «Niente firma senza assicurazioni»

Maurizio Pagliassotti
Accordo su Pomigliano già stracciato e, all'orizzonte, la "bad company" ritagliata sul modello Alitalia. L'ulteriore strappo di Fiat, che ieri su Pomigliano ha trasformato la cassa integrazione da straordinaria a "in deroga", non è più soltanto una semplice prova di forza. Ciò che si profila, come fanno capire senza mezzi termini i vertici della Fiom, che non hanno firmato l'accordo, è un ulteriore taglio, dopo Termini Imerese, agli organici.
«Avremmo voluto firmare l'intesa sulla Cig in deroga, perchè la priorità è il sostegno ai lavoratori, ma mancano le condizioni e le garanzie sufficienti dal punto di vista del mantenimento occupazionale», ha detto il segretario nazionale e responsabile auto della Fiom, Giorgio Airaudo, al termine del tavolo. «Pensiamo che Fiat avesse a disposizione altri strumenti e altri ammortizzatori sociali, come quelli previsti nell'articolo 9 dell'accordo separato di giugno», ha spiegato Airaudo. In sostanza sarà la Newco che farà la Panda a Pomigliano. E non si fermerà lì. Non è un caso che il progetto, sempre più acclamato in Borsa nonostante i sonori schiaffi che l'azienda sta prendendo sul mercato, sarà al centro di alcune assemble "sito per sito" chieste da Fim, Uilm, Fismic e Ugl. Per la Fiom «non sono sufficienti neanche le garanzie dal punto di vista del mantenimento dell'occupazione; nel testo del verbale si parla di "saturazione di manodopera", un termine che è sufficientemente ambiguo - ha sostenuto Airaudo - mentre esplicito sarebbe stato l'impegno, messo nero su bianco sul trasferimento e l'assunzione di tutti i lavoratori». Inoltre «non c'è alcuna garanzia esplicita su cosa succede dopo gli otto mesi di Cig in deroga».
Ieri, l'attivo dei delegati Fim, Uilm e Fismic della Fiat di Mirafiori ha chiesto di aprire un tavolo di trattativa con la Fiat «per entrare nel merito delle questioni, dando fin d'ora la disponibilità a gestire i cambiamenti, in un'ottica di scambio tra esigibilità e garanzie occupazionali, tra flessibilità e aumento dei salari». Pochi giorni fa a Torino c'era già stata una analoga assemblea di delegati metalmeccanici di Fim, Uilm, Fismic dove la Fiom non era nemmeno stata invitata.
Per Claudio Chiarle, responsabile della Fim torinese lo schema è quello di un turn over in cambio di assunzioni a tempo indeterminato previo contratto di apprendistato. La mobilità a Mirafiori riguarderebbe mille e cinquecento lavoratori e verrebbe portata a quattro anni, uno in più rispetto al massimo attuale.
In un momento di cassa integrazione semi totale, di zero prospettive industriali, i sindacati, di fatto, propongono licenziamenti collettivi al fine di generare nuovi posti di lavoro. Lo scopo è nobile, togliere dalle linee i lavoratori più anziani, ma è credibile in questo momento di riduzione dei costi che la Fiat si impegni a mantenere gli stessi livelli occupazionali?
Federico Bellomo, segretario provinciale della Fiom, commenta: «Un incontro curioso quello dei delegati metalmeccanici. I tre sindacati vogliono dare idea di unità ma sostengono posizioni molto diverse, anche su questioni importanti. Il modello Pomigliano per la Fismic deve essere portato a Mirafiori in tempi rapidi. Per la Fim questo non è possibile, ci vogliono correttivi, e in ultimo la Uilm sostiene che il modello campano non è ripetibile altrove. Questo sono le organizzazioni che parlano di unità. A mio giudizio sarebbe meglio parlare di priorità con i lavoratori, ma al momento le assemblee sono bloccate».
Continua Bellomo: «Sono deluso dalle poche proposte giunte, nel senso che nel momento in cui siamo, senza modelli, discutere di mobilità di lavoratori anziani e anche di presunti scambi mi pare fuori luogo. Un atteggiamento in cui ci si mette a disposizione dei voleri imprenditoriali è sbagliato. Dobbiamo costringere la Fiat a dire che cosa vuole fare nell'ambito programma Fabbrica Italia, perché le promesse primaverili non hanno più senso alla luce dei drammatici dati autunnali. Il ritardo di carattere industriale è oggettivo, non so se voluto o meno. Io penso che si debba partire da lì. E la logica di presentarsi con il cappello in mano è sbagliata. E' una logica perdente, dove tutto è scambiabile, perché l'unico che mette in campo l'oggetto dello scambio è il lavoratore. Mentre la non si capisce cosa metta la Fiat».

Liberazione 04/11/2010, pag 6

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