giovedì 18 novembre 2010

Via Imbonati, Milano l'assemblea antirazzista: tutti nelle piazze il 20

Domenica riunione nazionale sotto la torre

Centinaia di persone accalcate sotto gazebo e rifugi di fortuna a via Imbonati 49, a Milano, sotto quella torre su cui ormai da troppi giorni sono saliti altri lavoratori immigrati per chiedere regolarizzazione e diritti. Una assemblea nazionale improvvisata che si è tenuta domenica mattina, con delegazioni giunte da tutto il centro nord ma anche da Roma e da Catania. L'assemblea è iniziata con i saluti di Marcelo, delegato Fiom, uno dei ragazzi sulla torre. Richieste semplici: estensione anche ad altre città della lotta, solidarietà ai "bresciani" che stanno vivendo in condizioni peggiori, una piattaforma che parte sì dalla accettazione delle domande di chi ha presentato richiesta di sanatoria ma tocca anche il prolungamento dei permessi di ricerca occupazione per chi perde il lavoro, la possibilità di emergere dal lavoro nero, il diritto di voto e la riforma delle norme sulla cittadinanza, la lotta contro i Cie.
Gli interventi che sono seguiti, in gran parte di lavoratori e lavoratrici migranti, ma anche di studenti, di sindacalisti, di rappresentanti di forze politiche, sono serviti per fare il punto su una situazione da cui bisogna uscire vincendo, sapendo perfettamente che si tratterà di una battaglia lunga e difficile. La situazione milanese ha una sua caratteristica che la diversifica in parte da quella bresciana, la racconta Saidou Mussa Ba, senegalese, del comitato immigrati:«Noi ragionavamo a partire dal primo marzo- racconta - pensavamo potesse essere l'inizio di un grande movimento antirazzista e invece si è andato spegnendo. Per questo abbiamo continuato a fare presidi e manifestazioni, anche a luglio e ad agosto, pensando soprattutto alla regolarizzazione. Ne è nato un percorso di auto organizzazione che è maturato. Eravamo da soli all'inizio, ora vengono in molti a darci una mano ed è utile e positivo ma l'importante è che nessuno provi a mettere il cappello su una lotta che è nostra». Saidou considera importante che alcune forze della sinistra come la Federazione stiano dando una mano:«Non è più tempo di barcamenarsi - dice - o si sta con noi o contro di noi». Anche Jorge Carasas, argentino è del comitato immigrati di Milano: «Sono stato a parlare con Giuliano Pisapia e con il vostro segretario Ferrero - dice - e vedo che finalmente si sta uscendo dalla invisibilità in cui eravamo condannati. Ora potremo vedere se la solidarietà è fatta di parole o di gesti concreti».
Tutti gli interventi in assemblea hanno lanciato proposte di mobilitazione: ieri al consolato egiziano si è tenuto un presidio per chiedere che i ragazzi egiziani, 3 su 5, non vengano rimpatriati. Nel frattempo però, durante la notte due dei ragazzi sono scesi dalla torre. Uno era malato, l'altro lo ha aiutato a scendere. I due si dileguano senza essere identificati. Mentre scriviamo però arriva la doccia fredda: uno dei due ragazzi è in Questura e si teme che venga espluso.
Il comitato immigrati ha anche annunciato di aver chiesto un incontro con il cardinal Dionigi Tettamanzi, a dimostrazione della scelta di una interlocuzione con le componenti solidali e democratiche della città. Con risultati significativi: il Consiglio di zona che amministra il territorio in cui è ubicata la torre, giorni fa ha approvato a maggioranza una mozione con cui sostiene le ragioni degli immigrati.
La lotta non si ferma: in questi giorni si terranno assemblee in tutte le città coinvolte per arrivare a sabato 20 novembre con una giornata di mobilitazione nazionale articolata in ogni città. Gli studenti milanesi che manifestano il 17 novembre hanno chiesto agli immigrati e al comitato "Per non dimenticare Abba" di aprire il proprio corteo con uno striscione. E mentre si preparano altre mobilitazioni, per il 28 novembre è stata indetta un'altra assemblea nazionale, stavolta a Firenze. Dovrà servire a fare il punto e a capire come proseguire senza mettere a repentaglio la vita di chi sta rischiando giorno dopo giorno. Vedere dal basso l'alta torre esempio di archeologia industriale fa impressione, sapere che ci sono dei ragazzi che lì dentro ormai sono accampati da 10 giorni fa tremare le vene ai polsi. Una cosa però i milanesi la vogliono ribadire: vogliono interloquire con la politica, con il ministero e non scontrarsi con la polizia: «La forma di lotta che abbiamo scelto è pacifica - ripetono sia Saidou che Jorge - e non accetteremo provocazioni che portino ad atti di violenza».
S. G.

Liberazione 16/11/2010, pag 5

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