giovedì 18 novembre 2010

Pressioni, espulsioni i "bresciani" accerchiati

Cibo negato, dieci rimpatriati, un leader della lotta a via Corelli

Francesca Mantovani*
Brescia
Ventiquattro ore di tensione altissima, colpi bassi, follie dal sapore cileno e disinformazione a pie' sospinto non riescono ancora a spegnere la resistenza della Brescia antirazzista e antifascista. La giornata, l'ennesima di lotta, sotto la gru di piazzale Cesare Battisti, inizia domenica: in programma nel primo pomeriggio c'è un happening musicale, decine di gruppi solidali coordinati da Jean Luc Stote di Radio Onda d'Urto e guidati da Isaia e l'orchestra Clochard (loro la canzone "Siamo tutti sulla gru", diventata l'inno del presidio di via San Faustino) si sono autoconvocati per sostenere Arun, Rachid, Sajad e Jimi. La polizia, però, minaccia: «Via gli amplificatori o portiamo via tutto». Nel frattempo sulla gru sale la tensione: dal venerdì sera la polizia blocca i rifornimenti di cibo. «Non ce la facciamo più - dicono i migranti, che lanciano anche qualche oggetto - vogliamo mangiare, non siamo animali. Basta con il razzismo». Segue una lunghissima trattativa, estenuante, con punte paradossali come la richiesta delle forze dell'ordine di "zittire" le centinaia di presidianti. Nella prima serata, dopo l'invio di acqua e zucchero, arrivano finalmente i viveri.
Tempo qualche ora e Cgil, Cisl e Curia si presentano alla luce dei riflettori mediatici con una proposta di mediazione che riporta le lancette a prima dello sgombero del presidio di via Porte Pile da parte della polizia: garanzie legali per i migranti e la promessa di un "presidio autorizzato" per portare avanti la lotta. La prima domanda che arriva dalla gru è la più ovvia, quella però che nessun giornalista mainstream ha il coraggio di fare: ma cosa ne pensano dal presidio e dalle comunità migranti che da settimane sostengono la lotta? Disarmante la risposta: non lo sanno, nessuno li ha coinvolti. «E allora non si discute nemmeno», si urla in sostanza dalla gru. Segue un drammatico botta e risposta via megafono fra i presidianti e la gru, mediata dalla diretta di Radio Onda d'Urto, unico contatto con il mondo dei quattro. Alla fine Don Fabio Corazzina, uno dei mediatori, arriva al presidio per leggere la proposta di mediazione. La tensione per quello che viene percepito come un tentato raggiro è alta, ma alla fine un'ulteriore intesa riesce a passare: la proposta di Cgil, Cisl e Curia può salire sulla gru, ma se ne deve discutere con calma e non si può certo pensare di scendere già in serata. A ulteriore garanzia, i quattro nominano i loro legali: sono quelli dell'associazione Diritti per Tutti.
Nella mattinata di ieri si palesano sotto la gru altri esponenti politici, mai visti prima in piazza. Gli avvocati discutono con i loro assistiti, si apre lo spiraglio per una possibile loro discesa alle ore 20, mentre arriva però l'ennesimo colpo basso: dieci egiziani (fra cui quelli fermati lunedì mattina dentro l'oratorio di San Faustino) vengono prelevati dai Cie di Milano e Torino e imbarcati a tradimento su un volo diretto a Il Cairo. Padre Toffari, altro mediatore ecclesiale, smentisce tutto. Ascoltatori di Radio Onda d'Urto e compagni in diretta da Malpensa invece lo sbugiardano dopo pochi minuti: le espulsioni ci sono, e sono dieci. Non appena si apre uno spiraglio, quindi, subito arriva la risposta muscolare.
Nel delirio di ieri, anche essere onorevole non conta molto: il deputato Franco Barbato e la senatrice Giuliana Carlino dell'Idv sono infatti stati bloccati da una pattuglia della polizia di Stato e da una pattuglia della polizia municipale in Corso Monforte a Milano, mentre si recavano in Prefettura, dove era in corso una riunione sulla protesta degli immigrati sulla gru a Brescia. A riferirlo lo stesso deputato che poi è entrato in Prefettura per chiedere spiegazioni. «Siamo stati bloccati per le vie di Milano come dei delinquenti e ci hanno trattenuto i documenti perché ci dicono siamo persone segnalate - ha detto Barbato -. E' inaudito il comportamento che stiamo subendo». Fermati anche due compagni del movimento antirazzista bresciano: la prima, una compagna di nazionalità italiana, viene rilasciata a metà pomeriggio. Il secondo, invece, Mohamed - per tutti "Mimmo" - , non è italiano. Ha una richiesta della sanatoria ancora in discussione, la sua posizione dunque è in bilico. Mimmo, soprattutto, è una delle persone più in vista del movimento. Ed è migrante. Per questo la polizia lo porta in Questura, da dove viene trasferito all'Ufficio Stranieri per una "comunicazione". Si tratta del diniego della richiesta della sanatoria, con conseguente deportazione al Cie di via Corelli.
*redattrice Radio Onda d'Urto.

Liberazione 16/11/2010, pag 5

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