giovedì 4 agosto 2011

Black out conti correnti e pacchi, shock annunciato

Poste Italia

Il sistema informatico di Poste negli ultimi giorni è andato totalmente " in tilt": code interminabili, operazioni rese difficili per la lentezza esasperante dei computer, bollettini in scadenza ICI e utenze varie non pagabili, pensioni non riscuotibili e pensionati disperati in interminabile attesa dei pochi spiccioli che permettono loro di sopravvivere. E' successo anche che lavoratori sportellisti di Poste hanno anticipato del denaro per permettere loro di fare un po' di spesa.
Per ora sembra rientrata la catastrofe informatica che ha, di fatto, collassato il sistema, una task force di specialisti IBM è intervenuta dagli Stati Uniti e dal Canada per risolvere i problemi che il software americano ha creato.
Ma come è potuto succedere tutto questo? Un "attacco informatico" fatto da pericolosi hacker?, server centrali sabotati? Virus?
No! Niente di tutto questo, "semplicemente" una nuova applicazione software di IBM e HP denominata SDP per la gestione della sportelleria (pagamenti, incassi ecc.) ha sostituito quella vecchia. Un'operazione che altre aziende fanno normalmente dopo averne sperimentato la validità e l'affidabilità.
Già nella fase sperimentale si sono verificate diverse anomalie prontamente segnalate dai lavoratori e denunciate da alcuni sindacati, sottovalutate dall'Azienda che, anzi, accusava i lavoratori di " remare contro".
L' Ad Massimo Sarmi e i top manager di Poste certamente non potevano mettere in discussione "l'esclusivo" legame che lega l'Azienda ( 100% di proprietà dello Stato) e l'IBM; un legame iniziato nel 2005 con un contratto da 12 milioni di euro e cresciuto nel tempo fino ad arrivare ad un contratto di 150 milioni di euro per la nuova applicazione.
La Corte dei Conti potrebbe chiedersi come mai alla gara d'appalto ha partecipato solo l'IBM? Possibile che in Italia e nel mondo non esistano altre aziende produttrici di software applicativi?
Possibile che gli esperti informatici dipendenti di Poste non siano in grado di testare nuove applicazioni?
E qui sorge il secondo problema, anzi "il problema" principale.
Poste fino ad un decennio fa aveva il più grande CED d'Italia e forse d'Europa, ma la logica di esternalizzare i servizi ha colpito in profondità, al punto che, oggi, anche le buste paga dei dipendenti sono gestite in service.
L'esternalizzazione ha colpito anche quei servizi propri di ogni azienda postale: telegrammi, pacchi, raccomandate, zone di recapito commerciali.
Il risultato di ciò è un totale caos annunciato per l'appunto. Come si può, per esempio, affrontare l'apertura del mercato del recapito ai privati, avvenuto l'01/01/2011, con il taglio di 7000 postini? E' evidente che all'Azienda non interessa tale servizio.
Cosa dire poi dell'avvenuta dematerializzazione dei bollettini premarcati senza che l'utenza sia stata informata adeguatamente, magari con spot pubblicitari?. Ci sono stati segnalati casi in tutta Italia in cui molti utenti avendo come ricevuta il bollettino per intero, hanno pagato per errore due e anche tre volte senza che il sistema software segnalasse alcuna anomalia.
E' evidente che a Poste non interessa difendere questo servizio dalla concorrenza, anzi non gli interessano più tutti i servizi tradizionali che finora ha svolto.
Poste nel corso degli anni è diventata una azienda che produce utili da capogiro ( più di un miliardo di euro nel 2010), ma non è più l' azienda che conoscevamo, è una banca, è un'assicurazione, è un gestore di telefonia mobile, ecc., il tutto condito con una strategia commerciale estremamente aggressiva nei confronti dei " clienti " e pagando stipendi da fame ai propri dipendenti (1200 euro medi al mese).
Non come quelli pagati agli oltre 600 dirigenti, con cifre che superano di cinque o sei volte lo stipendio medio dei lavoratori postali e con carriere
" sfolgoranti" spesso discutibili, dovute ad amicizie politiche e/o sindacali di ferro.
Per questo il caos Poste è per noi annunciato, nel 2006 come Rifondazione presentammo in un convegno il progetto di una nuova azienda, la chiamammo non a caso "la fabbrica dei servizi".
Nel 2011 il vento del liberismo estremo non soffia più e il suo rappresentante al governo non ha più niente da dire al Paese.
Riproporremo ai cittadini e ai lavoratori un'azienda che ponga al centro della sua missione i servizi, una fabbrica per l'appunto che sappia aggiornare quelli tradizionali e crearne di nuovi, un'Azienda Postale Bene Comune.
Coordinamento Nazionale Poste Prc


Liberazione 16/06/2011, pag 11

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