giovedì 4 agosto 2011

Sviluppo industriale in Sicilia, promessa tradita: a rischio 3.000 lavoratori

Siracusa Petrolchimico

Fabrizio Salvatori
Futuro del petrolchimico di Siracusa nella più completa incertezza. A lanciare l'allarme stavolta sono gli addetti agli impianti, i metalmeccanici. La loro condizione è una specie di sensore sullo stato di salute del sito produttivo. Se non ci sono investimenti, se il petrolchimico deperisce via via senza una adeguata manutenzione, i primi ad avvertirlo sono loro. Ed è da tempo che lanciano segnali al mondo politico e agli imprenditori. Hanno organizzato scioperi e petizioni, mandato lettere, e in cambio hanno ricevuto solo promesse, come la vicenda del fondo speciale per l'accordo di programma, dal 2005 misteriosamente disperso.
Intanto i processi di mobilità e di cassa integrazione sono andati avanti. In ballo ci sono tremila posti di lavoro a cui vanno ad aggiungersi i duemila in cassa integrazione. Ora non c'è più tempo. Da giugno in poi finiscono alcuni programmi di investimento e anche gli ammortizzatori sociali sono agli sgoccioli.
L'Eni ha abbandonato la chimica già da tempo, ed ora c'è la Lukoil, che interpreta la sua presenza nella Sicilia orientale solo come un posizionamento geo-politico, senza investire un euro che sia uno.
«Il disagio espresso con forza dai lavoratori metalmeccanici - scrive Antonio Recano, della Fiom di Siracusa - è la rappresentazione di una condizione economica e sociale che rischia pericolosamente di implodere sotto la pesante assenza di una politica industriale tangibile e una crescente illegalità che sta schiacciando definitivamente il distretto produttivo siracusano».
In una delle ultime proteste dei lavoratori dell'indotto Erg, a gennaio, hanno addirittura bloccato le portinerie e gli automezzi della zona nord del petrolchimico siracusano accusando la selvaggia deregulation del sistema degli appalti, sempre più al ribasso.
La questioni appalti non è un nodo da poco. Nel clima di crisi generale il sistema "al ribasso" sta creando forti tensioni. Non solo la Erg-Lukoil ha escluso le piccole e medie aziende, attraverso la soglia del fatturato, ma gli stessi importi delle commesse stanno fortemente diminuendo. E quindi, le offerte sono sempre "al netto" di voci importanti come la sicurezza. «C'è una concorrenza spietata all'interno della committenza fra le aziende siracusane - sostiene la Fiom - e adesso che ci sono anche le aziende che vengono da fuori il problema si acuirà. Non si può appaltare un lavoro a 18 euro l'ora - continua la Fiom - quando all'associazione industriali esce a 25-26 euro l'ora e far ricadere tutto sui lavoratori. Qualcuno sta anche pensando di mettere in campo la deroga sui contratti». Ma nella denuncia della Fiom c'è anche altro, dalla "paga globale" alla "scomparsa" degli incidenti sul lavoro, misteriosamente catalogati come "giorni di malattia".
«I lavoratori non sono disposti a pagare inermi il prezzo di una crisi esasperata dall'immobilismo della classe politica e dall'atteggiamento dei grandi gruppi, Erg in testa - scrive Antonio Recano, della Fiom di Siracusa - che rifiutano una ipotesi di "responsabilità sociale". Di fronte a questa emergenza ai lavoratori, al sindacato non resta che il dovere dell'iniziativa, della mobilitazione per riallacciare le fila di un vero processo di crescita economico-sociale spendibile a favore di tutto il territorio».
Infine, la questione della salute. Gli ultimi dati epidemiologici parlano chiaro: il petrolchimico così come è fa male e tanto alla popolazione. L'equilibrio dell'intera area, nell'ultimo trentennio, si era basato su un semplice scambio: le industrie portavano sviluppo e lavoro, i siracusani in cambio accettavano il deturpamento dell'ambiente e l'inquietudine di vivere in un'area a rischio. Oggi quell'equilibrio sta per saltare...


Liberazione 02/06/2011, pag 10

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